Cha no yu: l'antica e spirituale cerimonia del tè giapponese
Il cuore della cerimonia del tè consiste nel preparare una deliziosa tazza di tè; disporre il carbone in modo che riscaldi l'acqua; sistemare i fiori come fossero nel giardino; in estate proporre il freddo; in inverno il caldo; fare tutto prima del tempo; preparare per la pioggia e dare a coloro con cui ti trovi ogni considerazione.
Cha no yu: l'antica e spirituale cerimonia del tè giapponese
Il cuore della cerimonia del tè consiste nel preparare una deliziosa tazza di tè; disporre il carbone in modo che riscaldi l'acqua; sistemare i fiori come fossero nel giardino; in estate proporre il freddo; in inverno il caldo; fare tutto prima del tempo; preparare per la pioggia e dare a coloro con cui ti trovi ogni considerazione.

Il cuore della cerimonia del tè consiste nel preparare una deliziosa tazza di tè; disporre il carbone in modo che riscaldi l'acqua; sistemare i fiori come fossero nel giardino; in estate proporre il freddo; in inverno il caldo; fare tutto prima del tempo; preparare per la pioggia e dare a coloro con cui ti trovi ogni considerazione. (Sen no Rikyū)

Cha no yu significa letteralmente "acqua calda per il tè", ma con questa espressione si indica l'antico rituale conosciuto in Occidente come Cerimonia del tè. Si tratta di un rito sociale e spirituale praticato ancora oggi in Giappone, nonché di una delle arti tradizionali zen più note. 

Murata Shukō (1423-1502), monaco zen, colse con eleganza lo spirito del Cha no yu con una metafora poetica, affermando che “uno splendido cavallo si manifesta meglio in un'umile capanna che in una sontuosa stalla”. In questo caso, il cavallo è la mente mentre l’umile capanna di paglia indica l’essenzialità della stanza del tè, che richiama l’estetica minimalista giapponese.

La Cerimonia del tè si svolge in una stanza, chiamata chashitsu, a cui si accede da una porta talmente bassa che costringe a piegarsi, in una posa umile. Essa è piccola e poco illuminata, e fa risaltare l'espressività dei pochi oggetti presenti. In una nicchia della stanza c'è un rotolo con disegni o scritture, realizzate da un esperto di calligrafie (fu proprio Murata Shukō il primo ad esporlo durante una Cerimonia). C'è anche una piccola composizione simile all'ikebana, pensata per essere particolarmente adattata alla circostanza e con grande coerenza con la stagione in corso.

La cerimonia del tè è un un rituale sacro e codificato, evolutosi nel tempo.

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La filosofia del Cha no yu

La stanza del tè incarna gli ideali dell'estetica zen. Fu il monaco buddista Sen no Rikyū (1522 - 1591) a proporre una delle più importanti riforme della cerimonia, accostando nuovi principi a quella che era la filosofia del Cha no yu: allo yūgen (l'incanto sottile, collegato al mistero e alla eleganza) e al sabi (la patina sottile del tempo che rende gli oggetti affascinanti e ispiratori di tranquillità e armonia), aggiunse il wabi: la povertà ricercata e il rifiuto assoluto dell'ostentazione. Era qualcosa di rivoluzionario.

Sen no Rikyū vedeva la stanza del tè come una "dimora del vuoto", priva di attaccamenti e di ogni contenuto se non quello del vissuto libero da ogni vicenda mondana. Chiunque faccia parte della cerimonia è uscito temporaneamente dal mondo e dai suoi affanni per contemplare brevemente il vuoto.

Il nijiriguchi, il piccolo ingresso alla stanza del tè

La Cerimonia del tè di Sen no Rikyū si fonda su quattro principi basilari. Il primo è quello dell'armonia: una dimensione che comprende la relazione tra ospite e invitato, gli oggetti scelti e il cibo servito. Prima di offrire il tè l'ospite porge dei dolci all'invitato, a volte un pasto leggero, tutto all'insegna della stagione in corso e nel rispetto del ritmo naturale della cose. Il secondo è quello del rispetto: il riconoscimeno della dignità di ogni persona, ma anche di ogni oggetto, compresi quelli più semplici. Il terzo è quello della purezza: mentre pulisce la stanza del tè, l'ospite riordina anche se stesso. Infine c'è la tranquillità: "colui che prepara e beve il tè in contemplazione si avvicina a uno stadio di sublime serenità" dice il XV iemoto dell'Urasenke.

Una tazza di tè matcha, con un dolce e un kuromoji
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Come avviene la cerimonia del tè

La stanza della cerimonia è piccola, e le finestre sono schermate. La luce filtra sommessa e conferisce ad ogni elemento un alone di particolare fascino. Quando ognuno ha preso posto, si apre la porta scorrevole e appare il teishu ("colui che prepara il tè"), inginocchiato. I vari utensili vengono posizionati e il tè viene preparato in una tazza chiamata chawan. Ogni commensale consuma il dolce dopo che si è pronunciata la forma rituale: "okashi o dōzo" ("servitevi del dolce, prego").

Il chawan viene posto davanti ad ogni invitato, che prende la tazza e la ruota in un modo particolare, per poi prendere brevi sorsi. Poi pulisce il bordo della tazza e la posa dinanzi a sé. La tazza viene ripresa dal teishu e lavata, e la cerimonia va avanti con gli altri ospiti. 

Alla fine, poi, tutti gli invitati, dopo aver chiesto il permesso, esaminano gli utensili: il contenitore del tè e il cucchiaino di bambù. Alla fine si osserva la tazza: viene rigirata tra le mani e si condividono informazioni sul maestro che l'ha creata, l'epoca e lo stile.

Tè macha e dolcetti
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