Il Mostro di Loch Ness. Probabilmente il più grande e resistentemente criptico mito dell'età moderna. Benché se ne parli da moltissimo tempo, e molti riportino di averlo visto, dopo oltre un secolo di ricerche nessuno ha ancora trovato una prova dell'esistenza di una creatura che nuoti nelle profondità di Loch Ness. Eppure, un team di ricercatori in genetica hanno deciso di cercarlo sul serio.
Neil Gemmel è un genetista dell'Università di Otago, in Nuova Zelanda. Il ricercatore ha sfruttato il mito del Mostro di Loch Ness per attirare l'attenzione sullo studio del DNA ambientale (environmental DNA o eDNA). Si tratta di un metodo, sempre più affermato tra gli scienziati, che consiste nel prelevare campioni di suolo e acqua per determinare l'insieme di specie che popolano una certa area. Tutti gli organismi, infatti, lasciano tracce nel loro habitat, e sempre più ricercatori sono convinti che è possibile stilare una lista completa delle specie che risiedono in una determinata area. Esaminando le tracce, infatti, basta trovare una corrispondenza tra il loro DNA e il DNA di una creatura conosciuta.

Gemmel ha pensato che esaminare le acque di Loch Ness fosse un ottimo modo per parlare di scienza, stuzzicando anche l'immaginazione delle persone. Il team ha raccolto 300 campioni d'acqua da diverse parti del loch (anche in profondità), per condurre un'analisi più estesa possibile. Le previsioni erano che i campioni più profondi mostrassero tracce di specie batteriche. Più ci si allontana dalla superficie, infatti, più si va incontro ad ecosistemi oscuri, non dipendenti dalla luce.
Un anno dopo l'analisi, nel 2019, il professor Gemmel ha tenuto una conferenza stampa a Drumnadrochit, proprio su una delle sponde di Loch Ness, per mostrare i suoi risultati. Il DNA rinvenuto nelle acque del lago, dopo essere stato sequenziato, analizzato e confrontato con quello presente nei database, era quello di molte specie di pesci e di anfibi. Ahimè, però, nulla che indicasse la possibile presenza di una sconosciuta creatura abnorme.

Gemmel e i suoi hanno cercato tracce di un pesce gatto gigante, di uno squalo e di uno storione, come possibili spiegazioni per gli avvistamenti del mostro di Loch Ness, ma non le hanno trovate. Una teoria, però, riguarda l'esistenza di un'anguilla gigante. C'erano tracce molto consistenti di DNA di anguilla nel loch, praticamente in ogni area. Gemmel ha raccontato che la spiegazione dell'anguilla è una delle più antiche, già ipotizzata da qualcuno negli anni '30.
I sommozzatori hanno riportato di aver visto anguille spesse quanto una gamba, giù nelle profondità del lago. In ogni caso, il fatto che gli scienziati non abbiano trovato DNA ambientale riconducibile al mostro di Loch Ness non deve scoraggiare i sognatori: i dati affermano soltanto che non c'era nulla nel giugno del 2018 (e in un periodo precedente a quello). Non dicono nulla sulla storia del loch.

Cosa sarebbe successo se avessero davvero trovato DNA sospetti?
Ma se, per ipotesi, i ricercatori si fossero davvero imbattuti in un DNA ambientale sconosciuto e sospetto? Cosa avrebbero dovuto fare? Secondo Gemmel, se una sequenza genetica fosse stata completamente nuova, sarebbe saltata subito all'occhio. Secondo alcune leggende il Mostro di Loch Ness potrebbe avere un'origine aliena o soprannaturale: in quel caso, nessuno potrebbe prevedere il tipo di traccia rinvenuta.

La versione più comune della leggenda, tuttavia, riguarda un plesiosauro in qualche modo sopravvissuto fino ad oggi. "Partiamo ipotizzando che si tratta di un'entità biologica, e che ci possa essere una 'firma' posizionabile da qualche parte sull'Albero della Vita" aveva detto Gemmel, prima di iniziare. Non sarebbe stato difficile riconoscere DNA simile a quello di un plesiosauro: grazie ad un processo conosciuto come ricostruzione ancestrale, è possibile sapere più o meno come era.
Essenzialmente, se il team avesse trovato DNA non riconducibile a quelli presenti nei database, i ricercatori avrebbero iniziato a controllare le corrispondenze con qualcosa a metà tra i coccodrilli e gli uccelli (che è dove si collocherebbe il plesiosauro se fosse vivo, oggi).