Bagan, un tempo conosciuta come Pagan, è un'area di 50 km quadrati, dal 2019 dichiarata Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO. Situata nelle pianure asciutte del paese, è conosciuta anche con diversi altri nomi: Arimaddanapura (la città del frantoio nemico), Tambadipa (la terra del rame) o Tassadessa (la terra secca). Dal IX al XIII secolo Pagan fu la capitale del Primo Impero Birmano, fin da quando il re Pyinbya vi spostò la propria dimora nell'874 d.C. Il complesso fu dunque il cuore pulsante del primo regno che fu in grado di unificare la regione che corrisponde all'odierno Myanmar.
La maggior parte dei templi vennero realizzati tra l'XI e il XIII secolo: ad oggi, ne possiamo ammirare ancora 3.822.
Per oltre 200 anni, il regno continuò ad espandersi sulla valle dell'Irrawaddy, ponendo sotto la propria influenza i popoli delle regioni vicine. A partire dal regno di Anawrahta, attorno alla metà dell’XI secolo, i sovrani di Bagan posero dunque le basi per l’unificazione culturale, etnica e religiosa birmana.
Dal 1057, la costruzione dei templi subì una accelerata in seguito al saccheggio della città di Mon da parte dei guerrieri di Anawrahta: il sovrano fece portare a Pagan i sacri scritti del Tripitaka, insieme a monaci ed artigiani buddhisti, per trasformare Bagan in un centro religioso e culturale del Buddhismo Theravada.
Dal 1100 vennero edificati templi più grandi e meglio illuminati, con un occhio maggiore alle proporzioni verticali che alla dimensione orizzontale. A partire dalla fine del secolo, le architetture si fecero più intricate, con spire piramidali e piastrelle ornamentali, in generale anche grazie all'influenza indiana.
Non essendo protetti dal vento, i templi vengono costantemente levigati dalle particelle di sabbia, che erodono i rivestimenti di stucco e scoprono i mattoni rossi. Gli edifici assumono così sfumature dorate quando vengono illuminati dalla luce del sole, all'alba e al tramonto.





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