L'esperimento di David Rosenhan, che dimostrò con quanta facilità si è ammessi a un ospedale psichiatrico, e con quanta difficoltà si è dimessi
"Sull'esser sani in luoghi folli". Il titolo dell'articolo sulla ricerca di David Rosenhan, pubblicato su Science nel 1973, è molto famoso tra gli esperti del mestiere.
L'esperimento di David Rosenhan, che dimostrò con quanta facilità si è ammessi a un ospedale psichiatrico, e con quanta difficoltà si è dimessi
"Sull'esser sani in luoghi folli". Il titolo dell'articolo sulla ricerca di David Rosenhan, pubblicato su Science nel 1973, è molto famoso tra gli esperti del mestiere.
"Sull'esser sani in luoghi folli".
Il titolo dell'articolo sulla ricerca di David Rosenhan, pubblicato su Science nel 1973, è molto famoso tra gli esperti del mestiere. L'originale era "On being sane in insane places", e descrive già con effetto l'esperienza degli otto partecipanti all'esperimento dello psicologo, che fu una critica pesante alla diagnosi psichiatrica.

L'esperimento di David Rosenhan è iniziato nel 1969. L'esperimento voleva essere un test sulla facilità di entrare in un ospedale psichiatrico, e sulla difficoltà di uscirne.
Per iniziare l'esperimento vennero individuate tre donne e cinque uomini, gli "pseudopazienti" complici di Rosenhan. Tra loro c'erano tre psicologi, un pediatra, uno psichiatra, un pittore e una casalinga. Questi si rivolsero a diversi ospedali psichiatrici (alcuni di provincia e sotto-finanziati, altri in grandi città universitarie e all'avanguardia), affermando di sentire voci (del loro stesso sesso) che dicevano parole come "vuoto", "triste", "tonfo": termini legati a quello che può essere un momento di difficoltà o di crisi.
Sentire le voci è uno dei più frequenti sintomi psicotici, legati a patologie nello spettro della schizofrenia, tra le più pericolose per il paziente che ne soffre.
In tutti i casi, agli pseudopazienti è bastato riferire un solo sintomo per farsi ammettere nella struttura psichiatrica. Subito dopo, tutti i complici dello psicologo hanno affermato che i sintomi erano scomparsi. Ma questo non è bastato per farsi dimettere.


Esperimento di Rosenhan
Uno degli istituti coinvolti



In realtà, nessuno degli impiegati ha pensato che queste persone potessero stare fingendo. E nessuno degli pseudopazienti, quando è stato rilasciato, era stato dichiarato "guarito". A tutti quanti è stata affibbiata una diagnosi come schizofrenia o, nel migliore dei casi, sindrome maniaco-depressiva.
La cosa peggiore è che i pazienti non sono stati trattati bene, anche se erano gentili con lo staff. Il dottor Rosenhan ha usato la parola "deumanizzazione" (dehumanizing) per descrivere l'esperienza dei suoi complici.

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Esperimento di Rosenhan
Un aspetto importante evidenziato da questo esperimento è il rischio di deumanizzare il paziente



La cosa più ironica è che alcuni degli altri pazienti, al contrario dei dottori, hanno notato che c'era qualcosa di strano riguardo agli pseudopazienti. Pur non sapendo nulla dell'esperimento, hanno dichiarato che essi potevano essere giornalisti o scienziati.
L'intero esperimento ha creato una grande discussione nella comunità scientifica e psichiatrica, sollevando le problematiche relative al trattamento dei pazienti e ai problemi relativi alla diagnosi.
Ma, occorre precisarlo, c'è chi ha criticato Rosenhan e le sue conclusioni. Lo psichiatra Robert Spitzer ha giustamente puntualizzato che se bevesse sangue e si presentasse in ospedale spuntando sangue... nessuno si stupirebbe se i dottori gli assegnasse una diagnosi grave.

In ogni caso, nella psichiatra l' "etichetta" della diagnosi è sempre stato uno degli argomenti più delicati, e i dottori si chiedono come trovare il migliore equilibrio possibile tra necessità di comunicare tra di loro (e quindi di avere categorie diagnostiche) e di non relegare il paziente a un semplice etichetta, evitando di dimenticare che si ha davanti un essere umano.

Esperimento di Rosenhan

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