Se ci viene detto qualcosa come "ricordati che devi morire", oggi, è probabile che la prendiamo male. Come viene brillantemente appuntato da Yuval Noah Harari in Homo Deus, oggi scienza e tecnologia hanno portato alcuni - specialmente i visionari delle valley californiane - a credere fermamente nella possibilità di una immortalità. In passato, tuttavia, discutere della morte era molto spesso più facile. Le persone erano incoraggiate a riflettere sulla natura fugace dell'esistenza, ed era ritenuto importante tenere a mente la nostra mortalità e pensare al sul suo significato. Specialmente nei momenti in cui la peste affliggeva l'Europa Medievale, prese piede un'antica filosofia che spingeva a meditare sugli oggetti che ricordavano il flebile confine tra vita e morte. Era il Memento mori: "ricordati che devi morire". Oggi può sembrarci poco più qualcosa di macabro, ma in passato quest'espressione era tenuta in grande considerazione.
Memento mori incoraggiava a distaccarsi dai beni terreni e dal lusso. Gli oggetti erano poca cosa davanti all'immortalità dell'anima e all'idea dell'aldilà. Il "ricordati che devi morire" era un invito a dedicare maggiore energia a ciò che davvero contava, canalizzando i propri sforzi sull'anima più che sulla materialità. Come molte altre filosofie e correnti di pensiero, anche il Memento mori ispirò un ricco immaginario artistico-creativo che oggi ci ha lasciato un'eredità tutta da ammirare.
"Memento mori": l'origine della locucazione latina nel significato della morte per gli Antichi Romani
La sensibilità degli antichi romani per il tema della morte, e quindi per la vita stessa, era molto forte. La locuzione "Memento mori", non a caso, è di origine latina e deriva da una particolare usanza tipica dell'antica Roma. Quando un generale rientrava nell’Urbe dopo una grande vittoria sui nemici, esso sfilava per le strade su un carro dorato e raccoglieva gli onori che gli venivano tributati dalla folla. Questo tipo di corteo veniva chiamato "Trionfo": era una cerimonia solenne di antichissima origine, forse rintracciabile addirittura all'epoca degli Etruschi. Si riteneva che un generale in Trionfo potesse correre il rischio di essere sopraffatto dalla superbia e dal delirio di onnipotenza. Proprio per questo, al momento culminante del Trionfo, l'umile schiavo che teneva l'alloro della vittoria sulla testa del generale gli sussurrava all'orecchio alcune parole di ammonimento: Respice post te! Hominem te memento! (che si può tradurre con: "Guarda dietro te! Ricordati di essere un uomo!").
In tutto ciò emerge il senso della misura degli antichi romani, che spesso si premuravano di non indulgere negli "estremi" e consigliavano sempre di trovare un equilibrio: In medio stat virtus (la virtù sta nel mezzo).
Iconografia medievale del Memento Mori tra teschi e natura morta
Nel medioevo il Memento Mori ha trovato una declinazione leggermente differente, entrando nel messaggio cristiano e dovendo fare i conti con le effettive molte calamità che segnarono il periodo che iniziò dal IV-V secolo. Basti pensare, per fare un esempio, che l'anno 536 è stato giudicato dagli storici come il peggiore di sempre. Epidemie e carestie erano dietro ogni angolo e le persone, effettivamente, sapevano che la morte doveva essere, paradossalmente, una sorta di "compagna di vita". Memento Mori ricordava la morte e la morte ricordava ai vivi di comportarsi bene, esaltando le proprie virtù in attesa del giudizio che sarebbe sopraggiunto nell'aldilà. Se in epoca romana Memento Mori ricordava anche di vivere bene, in vista della morte, nel medioevo questa visione assunse un carattere più prescrittivo, di maggiore ammonimento.
In epoca Medievale il Memento Mori è stato declinato in vari modi nell'arte: in particolare, i pittori hanno esplorato il tema della caducità della vita in un'iconografia ricca, che ha aiutato a trasmettere con maggiore efficacia e semplicità il pensiero della fugacità della vita. Le rappresentazioni dei giudizi universali erano un tema molto popolare negli affreschi delle chiese, come costante ammonimento per i fedeli, che avrebbero camminato davanti a tali rappresentazioni ogni settimana, ogni mese, ogni anno della loro (breve) vita. Il Momento Mori ha preso però ancor più spesso la forma di scheletri, clessidre e orologi, fiori appassiti: tutto ciò che poteva ricordare lo scorrere del tempo, molto spesso con elementi di natura morta.
Non c'è dubbio che l'utilizzo dell'iconografia del teschio trovi le sue origini proprio nel Memento mori. Rappresentazioni, tra l'altro, che si riscontrano in culture di tutto il mondo: basti pensare al Día de los Muertos messicano. Anche rimanendo soltanto sui pittori europei, però, questo immaginario si ritrova in artisti del calibro di Albrecht Dürer, Vincent van Gogh, e Pablo Picasso.
Oltre ai teschi, come si diceva, tra le figure associate al Memori Mori c'era quella della natura morta, specialmente in Olanda. Erano rappresentazioni di frutta, strumenti musicali, fiori e orologi.
Memento Mori nell'Arte
Qui sotto troviamo alcuni esempi di come gli artisti nel corso della storia hanno fatto uso di indizi visivi di vario tipo per portare il fruitore dell'opera a riflettere sul tema del Memento Mori.